L’ornitorinco sembra uscito da una leggenda aborigena con il suo mantello di talpa, la coda di castoro e il becco d’anatra. Depone le uova come un uccello ma allatta i suoi piccoli come il mammifero che è. Per molto tempo, questo esemplare ha sollevato interrogativi tra gli scienziati. Chi è questo curioso animale che vive in un territorio ristretto dell’Australia?
Carta d’identità dell’ornitorinco
Ornitorinco (Ornitorinco anatinus) è stato scoperto nel 1796 in Australia quando veniva cacciato per la sua pelliccia, che ha un’elevata qualità isolante grazie ai suoi 900 peli per millimetro quadrato, uno dei più densi del pianeta! Originariamente soprannominato “talpa d’acqua”, questo strano animale fu descritto per la prima volta nel 1799 dal Dr. George Shaw in Gran Bretagna. L’ornitorinco appartiene all’ordine dei Monotremi, l’unico ordine di mammiferi che depone uova (ovipare) invece di dare alla luce piccoli completamente formati.
L’ornitorinco, uno sguardo insolito
L’ornitorinco ha una taglia media di 60 cm di cui 20 cm di coda e pesa fino a 2,4 kg. Ha pelo ambrato sul dorso e grigio o nocciola sul ventre. Come il castoro, ha un’ampia coda allungata, quattro zampe corte e palmate con artigli. Rivestito di morbida pelle simile alla pelle e che si estende in una piastra frontale, il becco ricorda quello di un’anatra. Questa specificità gli ha dato il nome (dal greco ornithosuccello, e runchos, becco). Le sue narici sono posizionate all’estremità superiore del becco e quando l’animale si tuffa, una membrana viene a chiuderne gli organi per proteggerli, cosa che lo rende momentaneamente sordo e cieco.
L’acqua, l’habitat naturale dell’ornitorinco
L’ornitorinco è un animale semi-acquatico che si trova principalmente in fiumi freddi, billabong (bracci morti di un corso d’acqua), stagni e laghi poco profondi. Predilige argini alberati con radici profonde tra i quali scava la sua tana. La sua casa è circondata da vegetazione o canneti in modo che si senta al sicuro lì. Il mammifero evita l’acqua salata, teme sia la siccità che riduce la sua quantità di cibo sia le inondazioni che possono invadere gli argini e portarselo via. Per questo si trova principalmente nella parte orientale del continente australiano e in Tasmania.
L’ornitorinco ama la solitudine
Piuttosto solitario, l’ornitorinco dedica gran parte del suo tempo all’alimentazione: tra le otto e le quattordici ore al giorno e si vede attivo soprattutto di notte, all’alba e al tramonto per evitare i predatori. Per avanzare usa le zampe anteriori come remi con un movimento alternato. Usa le zampe posteriori e la coda come timone per governare. Il mammifero squadra il suo territorio e può percorrere fino a 4 km per una femmina adulta e 10 km per un maschio adulto. Quando non è in acqua riposa nella sua tana disegnata in riva al fiume e scavata grazie alle zampe anteriori e alla coda capace di spingere la terra.
L’ornitorinco, un buon cacciatore
Attivo tutto l’anno, deve ingoiare quotidianamente un terzo del suo peso per mantenere il suo metabolismo. L’ornitorinco si nutre principalmente di larve di insetti, crostacei, uova di pesce o anfibi, ma anche avannotti, girini e molluschi che scova sotto i sassi sondando il fondo. Per cacciare, l’ornitorinco si tuffa sott’acqua per trenta o sessanta secondi, chiudendo gli occhi e le orecchie per catturare gli invertebrati. Usa il tatto, grazie al suo becco dotato di 40.000 ricettori estremamente sensibili e terminazioni nervose che gli consentono di localizzare il cibo grazie ai piccoli cambiamenti nei campi elettrici causati dai movimenti della sua preda. Quindi immagazzina le sue catture nelle tasche delle guance e sale sulla superficie dell’acqua per masticarle.
Coda di ornitorinco piena di grasso
L’ornitorinco si nutre da febbraio a maggio. Durante questo periodo può immagazzinare nella coda il 40% delle riserve di grasso di tutto il suo corpo, permettendogli così di sopravvivere durante l’inverno quando le prede scarseggiano. Con il freddo le larve diventano insensibili e si insinuano più in profondità, diventando inaccessibili. Il mammifero può così resistere per alcuni giorni senza mangiare nulla.
Niente mammelle per la femmina
Dopo l’accoppiamento, che avviene in acqua, la femmina porta le foglie nella tana e chiude il tunnel dall’interno. Dopo due o quattro settimane di gestazione, depone da due a tre uova. Per covarli, la madre si arrotola in una palla e li tiene caldi contro il suo stomaco usando la coda. Al termine di un’incubazione di una dozzina di giorni, i piccoli nascono nudi e ciechi. Si nutrono del latte che sgorga dal ventre della madre senza tettarelle. I giovani lasciano la tana per la prima volta con la madre intorno ai tre mesi e mezzo e poi imparano a nuotare e ad alimentarsi da soli. Diventano maturi a due anni di età.
Un mammifero velenoso
Il maschio adulto ha uno sperone di cheratina su ogni caviglia collegato a una ghiandola acinosa, che produce una sostanza tossica con proprietà coagulanti. Quando punge, questo piccolo pungiglione inocula un potente veleno che il mammifero utilizza generalmente durante la stagione riproduttiva per combattere con altri maschi. Sebbene il veleno non sia fatale per l’uomo, è in grado di infliggere forti dolori per diversi giorni. Per quanto riguarda le femmine giovani, portano questi speroni fino all’età di 8-10 mesi prima che questi scompaiano.
Minacce all’ornitorinco
L’ornitorinco è predato da pitoni, grandi varani, dingo, volpi, rakali (ratti d’acqua australiani) e alcuni rapaci. Ma è perfettamente in grado di difendersi con il suo veleno. Le popolazioni di ornitorinchi non sono globalmente minacciate, ma alcune sono scomparse con la frammentazione del loro habitat dovuta alle attività umane (sviluppo del territorio, disboscamento, costruzione di dighe). A ciò si aggiungono gli effetti dell’inquinamento, della siccità e delle inondazioni. Il mammifero è stato elencato nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) come quasi minacciato (quasi minacciato o NT) a causa di un aumento del declino degli individui in alcune aree localizzate.
Crediti fotografici: Dr. Philip Bethge n°1 – Peter Scheunis n°2
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